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  • Dorta Jagić w/ Vanesa Begić

Il divano in piazza: Dorta Jagić


Photo by Zoran Žmirić.

Photo by Zoran Žmirić.

Kauč na trgu (HDP, Biblioteka Poezije, Zagreb 2011.) – Il divano in piazza è la quinta silloge per quale l'autrice, celebre poetessa croata Dorta Jagić, ha vinto il prestigioso premio The European Poet of Freedom nel 2014. Nella bellissima traduzione di Vanesa Begić vi portiamo dodici poesie nelle quali davanti ai nostri occhi si apre il mondo privato e intimo delle camere abitate dalle bramosie e dalle inquietudini quotidiane. La poetica riconoscibile di Dorta Jagić include l'uso di metafore esuberanti, l'esplorazione della semantica religioso-cristiana nel contesto di scoperte linguistico-letterarie, ed un gioioso esilarante modo di presentare i paradossi della vita.

Dorta Jagić è nata il 6 novembre 1974 a Sinj. Si è laureata in filosofia e cultura religiosa a Zagabria. Scrive poesia, racconti brevi, testi teatrali e critiche teatrali. Traduce dall'inglese e tedesco. Le sue poesie sono state tradotte in inglese, teddesco, ungherese, macedone, sloveno, polacco e rumeno. Si occupa in modo amatoriale di pedagogia teatrale e regia. Ha pubblicato diversi libri di poesia e racconti brevi, e ha ricevuto tra i più importanti premi letterari nazionali – quest'anno il prestigioso „Goranov vijenac“. Premiata pure all'estero.

 

IL DIVANO IN PIAZZA

Le camere degli scorpioni

Tranne che con il profumo di naftalina e l'atmosfera delle notti polari la camera di una dichiarata agorafobica ha quel caratteristico volto di sanguisuga e una corazza nera dura questa è l'uniforme dello scorpione dove al mattino bacia la propria vittima e chiude la porta come pungendola con la coda. Le bisbiglia di non andare da nessuna parte „rimani a casa“ e le prepara un denso caffé di bile senza lingua e budella suadentemente bisbigliando. Gli scienziati atei scommetterebbero in tutte le chiese in cento armature di guerrieri e fulmini che una tale camera velenosa sopravviverebbe unica alla bomba d'idrogeno e passeggerebbe per il mondo deserto contento, abitato soltanto dagli scarabei dei nostri manicomi

Camere per demolizione

non soltanto il finesettimana la camera di marina fa tardi fino agli specchi e nel censimento tutti i giorni lavorativi, (come la corriera delle 7:32) perché di fatto come marina non riesce ad assumere un'altra forma, un nuovo corpo in cemento e diventare maggiore di sé, assonnata ogni camera si alza quotidianamente triste e spinge la testa nella tazza di caffé freddo. Non ha con chi parlare si addormenta nuovamente, e oltre il pavimento come dei pirati zoppicano delle tartarughe stordite ribaltano le scattole, girovagano sospirano, malediscono, bisbigliano legano il letto a marina marina al letto oltretutto mettono le tende dicono: marina, fai tardi al lavoro quando nel sogno nel velo nuziale così abilmente voli nel cielo verso le nubi ebbre

Camere di periferia

alcune morbide camere delle nostre periferie non erano mai fuori casa, mai in un bosco denso mai sono cadute in mare e non si sono bagnate in modo che si rovinino le ciabatte, le scarpe estive lasciandole libere per questo le stanze morbide hanno paura delle stesse medesime rotture delle stoviglie del gas che perde, dell'infiammazione al pancreas e alla pelle, portano gli occhiali di sole di notte mentre nel finesettimana leggono romanzi d'amore sempre inaffiano i fiori a casa che diventano plastici e inquieti come i bambini soffocati da troppi baci

Camere tiepide

nelle camere tiepide si nasconde un lento pericolo si mangia del brodo tiepido e beve vino tiepido, serve il corpo su posate d'argento la pelle è tiepida e da qui cadono dei quadri familiari in miniatura è tiepido anche il dado del giorno e la morbida pallina notturna è tiepida la bibbia sullo scafale è tiepida la tv tutto il giorno sul letto si rigirano gli estremi e i cuscini morti si rovinano come delle donne incinta tristi incastrate nella pancia gonfia con la creatura imprigionata nell'utero già da anni la creatura pazza da anni non esce nel cortile, rimane seduta sul dondolo non usato nella mamma affamata, nel brodo tiepido in un corpo non aperto tutto è umido e fuso, soltanto gli occhi sono secchi per la totale cupola della pelle, del cielo tiepido il cui morso non allevia nemmeno il canto degli uccelli fuori come nemmeno il semaforo sempre verde

Camere della viaggiatrice

quando ritorno a casa con le valigie sporche cosa devo fare? sto a lungo e mi chiedo alla soglia perché tutte le camere non portano né a roma né a mosca bensì in questa camera? in questo secco quadrato paterno nella scattola dura di dimensioni fisse, ridicolmente deformata nel suo stare come una bicicletta in camera io, grande e dorata con i passaporti liquidi nei capelli studentessa degli aeroporti mondiali legata sempre nuovamente con quattro cinture di sicurezza dei suoi muri vuoti ancora una volta dopo il mare sedere con la carta stracciata in questa camera equivale ad appendermi alla rovescia ad un aggancio sottile al muro, ad una serie di circostanze, al caso allo slancio delle ali della farfalla a pechino appesa al desiderio di qualcuno di attendere qui i grandi giorni battesimi, matrimoni e maturità come un prosciutto familiare

Camere infantili

alcune camere vecchie dell'infanzia con il tempo sempre di più dipendono dalla polvere e dall'attenzioe infantili, mocciose, dispettose. bambine-vecchiette. ad esempio, se questa è realmente la mia stanza perché non splende come pronto da sola come prima perché emette chili di polvere quotidianamente su tutte le cose preziose? Come se segretamente stessa snifando questa grigia forfora dei vampiri oppure le inietasse direttamente nei vasi, nei tappeti, in me per dimenticare qualcosa di triste. Lo stesso questa bambina vecchietta il resto maccinato delle cose raccoglie per il suo „5 o’clock“ cacao da pensionata che tristemente sorseggierà con le altre camere abbandonate del quartiere quando la abbandonerò per qualcun'altro più maturo

Camere in affitto in via drašković

mentre giù nelle vie azzurre i mocciosi sparano dalle pistole ad aria nelle stelle calde e le caricano nella bocca scottata sopra al quinto piano nella propria vescica fredda la camera in affitto non credendo ripara l'antena per poter sfiorare la regina oprah e salutarla a distanza. dear oprah, dimmi come che smetta di odiare questo povero tessuto in affitto da me che spennacchiato in un vecchio pigiama scrive delle poesie inutili sul grande amore nelle piccole città?

Allontanamento

sui rami di ogni albero al mondo sta seduto uno stormo di angeli di porcellana invisibile. quando uno tra di noi commette un peccato, a lui il più vicino angelo cade e si spezza in esattamente tanti pezzi quanto dista l'uomo da Dio

Le nonne

la nonna pure necessita di una nonna generica da sedersi in grembo e quando muore li che si, come tutte le altre nonne, trasformi in fornello tiepido

Rimandi

chissà quante volte battendo le mani dio ha fermato il mondo e per un'eternità fissato questa fragilità gelata per alleviare la propria ira di non amato, e dopo essersi calmato nuovamente con il battito delle mani tutto ha continuato e che nessuno non sapeva niente ne doveva saperlo.

Papà

non posso scrivere una poesia su mio padre perché prima cado davanti casa e mi rompo i palmi, quando penso a lui, c'è sempre sangue, quella forza inspiegabile che ha creato e dalla madre tirato la mia spina dorsale verso la terra e verso il cielo spento la sigaretta notturna, la tosse e se ne andò al lavoro pesante con le tenaglie fino ad oggi

Letteralmente, solo letteralmente

La notte prima dell'esame di mistica cristiana sogno che nel corpo nero di San Agostino volo nello spazio cercando le stelle, soprattutto le supernove. ben presto di schiena mi scontro con una era Greta Garbo, che con il battito del ciglio mi scrive sulla mano: “I was always so far away from earth, that, even if I burned out so long ago the send off light still rains on you…” e tutta gioiosa per un incontro con una terrestre mi sveglia con una bottiglia di latte materno, con il latte della loro mamma, la grande Alfa Centauri

 

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The image of Quasimodo is by French artist Louis Steinheil, which appeared in  the 1844 edition of Victor Hugo's "Notre-Dame de Paris" published by Perrotin of Paris.

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